Che sarebbe stato facile non l’ho mai nemmeno pensato. Prima di quest’anno la mia esperienza con la corsa campestre risaliva ai tempi delle scuole medie. A quei tempi il mio sport era la ginnastica aerobica. Chi l’avrebbe detto che a distanza di anni sarei tornata sui miei passi.
Una delle prime cose che mi sono state insegnate sul cross è la regola delle 3 F:
Fango Freddo Fatica
Ho rotto il ghiaccio il 12 gennaio a Cesano Maderno. Era la prima prova del Cross per tutti, un circuito di 6 gare da correre la domenica mattina che prevedono un percorso di 4 km per le donne e 6 km per gli uomini. Si corre nei prati in mezzo a erba e fango, su dune e avvallamenti, con strappi in salita e discesa. Non quel che si suol dire una passeggiata.
Le donne di tutte le categorie partono insieme, dopo la prima batteria di uomini, i “diversamente giovani”, e dopo le prove dei più piccoli. Il primo elemento di novità del cross è stato proprio questo: trovarsi sul campo di gara insieme a partecipanti di tutte le età, dai più ai meno giovani.
Nonostante fosse una giornata particolarmente fredda, una delle poche che ricordo in questo inverno dalle temperature anomale, ho avuto la fortuna di partire a mattinata inoltrata quando il sole aveva già scaldato l’ambiente. Rispetto alle gare a cui sono solita partecipare le concorrenti erano decisamente di numero inferiore. Le più agguerrite in prima linea, pronte a scattare allo sparo della pistola. Io, da neofita, mi sono posizionata nelle retrovie, per studiare la situazione e capire come muovermi.
Avevo fatto un bel riscaldamento, che era stata anche una buona occasione per provare le scarpette chiodate che mi ero procurata per l’occasione. La sensazione di corsa è completamente diversa rispetto alla corsa su strada. Con le chiodate si è a diretto contatto con il terreno, sentendo ogni minima buca o avvallamento del suolo, quasi come essere a piedi nudi. Per questo motivo ho inserito nell’ambito della mia routine di allenamenti degli esercizi di mobilità per la caviglia con la tavoletta propiocettiva.
Sentito lo sparo sono partita a tutta. Dovevo fare due giri da 2 km. La fatica si è sentita fin dai primi passi, ma un po’ è stata mitigata dal tifo delle persone dietro i nastri che delimitavano il tracciato. Ho cercato di tenere un ritmo costante, ma inevitabilmente le forze sono andate scemando. Con un fiatone che non credo di aver mai provato prima ho tagliato il traguardo in 19’33”. Come prima prova potevo dirmi soddisfatta. E ho ammesso di essermi anche discretamente divertita!
Meno bene è andata la seconda prova l’8 febbraio ad Agrate Brianza nell’ambito del parco Aldo Moro, quarta tappa del circuito cross Brianzolo che si è disputata sabato pomeriggio. Non mi sentivo molto in giornata, ma pensavo si trattasse solo di un po’ di ansia da prestazione. Una volta arrivata sul campo di gara quella sensazione un po’ è svanita, complice la compagnia degli amici che mi ha fatto distrarre. I km da correre questa volta sarebbero stati “solo” 3. A maggior ragione andavano corsi ancora più forte. Sono stati un po’ meno di 3 km di pura agonia. All’arrivo ho subito cercato un piccolo spiazzo dove potermi sedere. Ero devastata. Avevo chiuso in 12’28”. Nel viaggio di ritorno a Milano mi sentivo uno zombie. Il giorno successivo avrei scoperto di avere 39 di febbre.
Ma nulla era ancora perduto. Mi sono concessa ancora una possibilità per misurarmi in questa nuova discilplina, e sarebbe stato il 22 febbraio a Monza, per l’esattezza nel mio amato parco di Monza, scenario di tanti miei allenamenti.
Sono arrivata con largo anticipo al punto di ritrovo, la Cascina San Fedele. Ho cercato di godermi il pre gara chiacchierando e sdrammatizzando con amici e amiche nonostante l’ansia. Durante il riscaldamento ho testato parte del percorso che mi hanno descritto come più ostico per via di diversi avvallamenti del terreno oltre che di almeno un paio di strappi in salita abbastanza impegnativi. Data l’assenza di pioggia, anche questa volta non avrei trovato fango a rendere ancora più faticosa la mia prova.
L’attesa prima della partenza è sembrata interminabile. Non vedevo l’ora di partire, correre e non pensarci più. Sentito lo sparo sono partita a buon ritmo, facendomi strada tra le altre partecipanti. Com’è successo anche nelle prove precedenti alla partenza il folto gruppo delle partecipanti si è diradato a poco a poco, fino a creare dei piccoli gruppetti. Io mi sono ritrovata a correre insieme a Jennifer, presidentessa delle Women in Run che di esperienza nei cross ne ha molta. Ho pensato che sei fossi riuscita a starle dietro avrei avuto la possibilità di condurre una buona gara. Ci superavamo a vicenda, dandoci manforte senza bisogno di usare le parole.
Il percorso ha presentato non poche difficoltà, ma questa volta ho stretto i denti e ho cercato di tenere duro fino alla fine. Negli ultimi 200m ho allungato dando sfogo alle ultime energie che mi erano rimaste in corpo, tagliando il traguardo dei 3,4 km in 15’20”.
Senza ombra di dubbio è stata la prova che mi ha dato maggior soddisfazione, sia come risultato che come sensazioni. Dovevo solo prenderci un po’ la mano, o meglio il piede. A posteriori non so se mi sento di dire che i cross mi siano piaciuti. Senza ombra di dubbio posso dire che mi abbiano insegnato a gestire un tipo diverso di fatica, a cui non ero per nulla abituata. Non so dire se mi siano effettivamente serviti nell’ottica di diventare una runner più veloce. Questo lo scoprirò tra un paio di settimane, quando mi cimenterò nella Roma-Ostia. Comunque andrà sono felice di essermi confrontata con questo tipo di gara, che oltre all’aspetto agonistico mi ha dato la possibilità di fare esperienza come co-speaker alla prova di Briosco al fianco del fantastico Mark, un vero esperto professionista, che mi ha trasmesso tanto entusiasmo ma soprattutto amore per questo nuovo mondo tutto da scoprire.