A meno di tre settimane dalla mia decima maratona speravo di poter avere qualche certezza in più. Il test del lattato che ho eseguito con Matteo prima di iniziare la preparazione ha evidenziato come la mia “macchina” sia più potente rispetto all’ultimo check eseguito solo pochi mesi fa.
Forte di ciò, come sempre mi sono messa di buona lena a seguire la nuova tabella, con l’obiettivo di riprendere un po’ di velocità per poter correre ad Amsterdam al meglio delle mie possibilità. I lavori infrasettimanali hanno da subito dato i loro frutti: 10x400m, fartlek, 5x800m sono tutti allenamenti che sono riuscita ad affrontare meglio di quanto mi aspettassi, sia in termini di prestazione che in termini di sensazioni.
Anche il primo allenamento lungo da 25 km che ho corso a inizio settembre è andato tutto sommato bene. Non posso dire lo stesso del secondo da 30 km. Ho sbagliato il ritmo in partenza e ho pagato lo scotto già a partire dal 15° km. Sono riuscita a riprendermi e a concludere l’allenamento, sulla carta anche rispettando le indicazioni del coach. Il risultato non mi ha lasciato soddisfatta perché le sensazioni sono state piuttosto negative: sentire scemare le forze, con la percezione che le gambe siano vuote e senza energia mi ha colto alla sprovvista, demoralizzandomi e mandando in tilt la testa. Vedere che stavo correndo più piano del mio solito e stavo facendo anche fatica mi ha fatto crollare psicologicamente. Insieme a me c’era Ale, ed è anche grazie al suo silenzioso sostegno (in questi casi non servono molte parole che anzi, provocherebbero l’effetto opposto) se sono riuscita a scacciare le paranoie che mi stavo facendo e recuperare un po’ di forza e motivazione per arrivare fino in fondo.
Archiviati quei primi 30 km a distanza di 2 settimane ne avrei corsi altri 30 per l’ultimo lungo pre maratona. Stesso scenario della volta precedente ma in un contesto diverso, quello creato da FollowYourPassion in occasione della Monza21.
Tenevo molto a far bene questo allenamento camuffato da gara. Il mio obiettivo mirava a riscattarmi e dimostrare a me stessa che nonostante quel mezzo scivolone ero ancora in grado di gestire al meglio tanti km.
Quando corro su lunghe distanze sento di essere nel mio mondo, sono a mio agio con quello che faccio e consapevole di poter esprimere al meglio le mie capacità.
Più che di una bella performance ero in cerca di belle sensazioni, quelle che si provano alla fine di un allenamento in cui si è consci di aver dato il meglio di sé. Domenica mattina sono arrivata di buon’ora all’autodromo nazionale di Monza da dove sarebbe partita la gara. Ho corso 3 km di riscaldamento e poi ho aspettato le 9:30 per partire. Mi sentivo bene e ed ero carica a sufficienza, avevo solo una piccola incognita: il caldo.
Si preannunciava una giornata piuttosto afosa e umida, non le condizioni più favorevoli per correre. Il caldo mi aveva già giocato un brutto scherzo nel lungo precedente. Non nego che fossi un po’ preoccupata. Essendo un fattore indipendente da me dovevo solo gestire al meglio la situazione, mantenendomi ben idratata.
A distogliere l’attenzione dai miei pensieri ci hanno pensato Carlotta, che ho incontrato mentre stavo entrando in griglia, e Matteo, che ci ha raggiunto una volta dentro. È sempre bello ritrovarsi, specialmente in campo di gara, è un momento di condivisione che credo avvicini molto le persone.
Una volta partiti ho cercato da subito di impostare il passo che avrei dovuto tenere per i primi 20 km. Negli ultimi 10 km sarei stata libera di gestirli in base alle energie che mi sarebbero rimaste. Ho incontrato Simona e poi Fabio, con cui ho corso per i primi 10 km, poi Giacomo e altri ragazzi del Monza Marathon Team. I km sono trascorsi velocemente tra le chiacchiere, abbastanza facilmente. Solo di tanto in tanto buttavo un occhio al mio Fenix per controllare che stessi tenendo il ritmo giusto.
Ho seguito il mio istinto, correndo i primi 20 km 10” più veloce di quanto avrei dovuto domenica, testando un nuovo ritmo che mi sarebbe piaciuto mantenere anche in maratona. Poteva andarmi bene oppure male, in questo caso non è andata né bene né male. Il mio timore si è avverato e alla lunga ho iniziato a soffrire il caldo. Ho cercato l’acqua ad ogni ristoro, rovesciandomela anche addosso per cercare di rinfrescarmi e riacquisire un po’ di lucidità. Non tutti hanno avuto la mia stessa “fortuna” perché purtroppo a un certo punto le scorte sono finite e molti runner non hanno potuto usufruire di tutti i ristori.
Ho iniziato a correre in maniera incostante, facendo un km bene e uno meno, con 20” di differenza tra uno e l’altro. Era come se le forze ci fossero solo a tratti. Nonostante questo volevo a tutti i costi finire la mia gara in progressione. La familiarità del luogo in cui stavo correndo, il parco di Monza, che posso dire di conoscere bene quasi come le mie tasche, in parte mi è stato d’aiuto per tenere duro. I sottopassaggi e i falsipiani lungo il tracciato decisamente meno, hanno messo a dura prova la mia resistenza.
Una volta rientrata in autodromo sapevo che era fatta, mancava all’incirca un km. Sarà stata l’emozione di correre in pista, ma ho messo il turbo e ho accelerato dando sfogo a tutte le energie che mi erano rimaste in corpo, tagliando il traguardo in 2 ore e 28 minuti con un passo medio finale di 4’58”.
Come si dice, bene ma non benissimo. Pretendevo di più da me stessa, ma devo riconoscere che per le condizioni che ci sono state posso ritenerlo un buon risultato, sicuramente migliore del precedente. Posso ritenermi abbastanza soddisfatta di quest’ultimo lungo, pur continuando a percepire di poter dare di più. Avrò modo di dimostrarlo il 20 ottobre quando giocherò la mia partita che avrà inizio dallo Stadio Olimpico di Amsterdam.