Lo odio e lo amo. Forse è più odio che amore.
L’autunno è l’anticamera della stagione in cui le giornate sono più corte e fredde. L’autunno prepara all’arrivo dell’inverno.
È una stagione piena di cambiamenti e trasformazioni. È una stagione che fatico a metabolizzare, con la mente e con il corpo. È una stagione che per la seconda volta mi ha tolto il terreno da sotto ai piedi, costringendomi a trovare il coraggio di dire addio.
Per fortuna non tutti i saluti sono per sempre. Alcuni sono soltanto degli arrivederci.
Sabato scorso, 23 ottobre, insieme ai ragazzi e alle ragazze di Assault to freedom siamo andati a salutare le nostre amate montagne prima della loro trasformazione. Prima che cambino d’abito e vestano completamente di bianco le loro cime e i loro fianchi.
Era passato diverso tempo dall’ultima uscita tutti insieme. Gli impegni di ciascuno ci hanno tenuti lontani, ma solo fisicamente. Quando ci siamo rivisti era come se il tempo non fosse trascorso. Risentire la voce di Uby, riconoscibile tra mille con il suo inconfondibile accento bresciano, salutare Dario chiamandolo Ciano, il suo soprannome preferito, riabbracciare Ste, che non vedevo dall’ultima vertical line fatta insieme. Rivedere il sorriso di Walterino e vedere per la prima volta Tatone che non avevo mai incontrato prima. Conoscere la Ste, una nuova quota rosa appena arrivata nel gruppo, e rincontrare la Leti dopo quest’estate. Non eravamo tutti, ma eravamo tanti. Tutti accumunati da una voglia matta di agganciare i piedi ai pedali e partire. Direzione Passo del Bernina.
Il clima era rigido nelle prime ore del giorno. Specialmente durante la prima metà della salita, tutta all’ombra. Non ricordo bene il perché, ma ad un tratto mi sono ritrovata a condividere con i ragazzi, in particolar modo con Mattia, la ricetta del mio porridge. Un po’ distraendoci, un po’ pensando a qualcosa di caldo, ho avuto almeno l’illusione che facesse meno freddo.
Il cielo era azzurrissimo, senza nemmeno una nuvola. Verso le 10 è arrivato il sole ad illuminare la strada che ci mancava da percorrere. Mi guardavo attorno, ridisegnando con gli occhi i profili delle montagne attorno a noi, così netti e definiti, quasi come se qualcuno li avesse disegnati a matita. Tra tutte le vette cercavo di distinguere il Pizzo Scalino indicatomi da Dario.
Come ad una grande cerimonia siamo arrivati in cima al passo facendo il nostro “ingresso” con indosso il nostro vestito migliore, le nuove maglie in tinta perfetta con il colore del cielo.
Fatta la foto, girate le bici ci siamo diretti verso il Passo della Forcola. Prima di puntare Livigno abbiamo fatto un’altra foto, questa volta solo donne. Le Assault’s angels come mi piace definirci.
Il sole era alto nel cielo, splendeva scaldando con i suoi raggi le nostre guance, tra le poche parti del corpo esposte.
Con Walterino, Ste e Dario ho raggiunto il Passo Eira.
Chiacchierando con l’altro Dario, il triatleta del gruppo, mi sono ritrovata sotto al cartello del Passo del Foscagno senza quasi nemmeno accorgermene.
Erano le 13:30 passate e non mi capacitavo di come il tempo fosse trascorso così velocemente da quando eravamo partiti. Una lunga discesa ci ha condotto a Bormio, dove la Stefy ci aspettava con panini e tazze di tè caldo per rigenerarci per l’ultimo saluto, forse quello più importante: il saluto al Re.
Non amo ripercorrere le stesse strade, ma ci sono luoghi in cui non mi stanco mai di tornare.
Ogni volta è come se fosse la prima. Ogni volta è diverso. Sono le persone a fare la differenza.
Poche macchine, nessun altro ciclista a parte noi. Eravamo i padroni della strada.
Fisicamente mi sentivo bene, bene come non accadeva da settimane. Ma forse più che il mio corpo era la mente a star bene, tutto il resto era una logica conseguenza.
“Tutto il resto è noia”. Le parole di Ste mentre faceva un video in cima al Passo dello Stelvio. Prima di stringerci tutti sotto al cartello e immortalare per sempre quel momento, non tanto dentro una fotografia quanto dentro la nostra memoria.
Non sono i numeri il nostro nord, non è l’ostinazione il nostro motore. La nostra è pura sinergia, è la voglia di condividere le nostre più grandi passioni vivendo momenti che diventeranno i nostri migliori ricordi. Perché alla fine, fidatevi, solo quelli daranno un senso alla nostra vita alla fine di tutto.
Molto più di una giornata in bici. Molto più di una chiusura delle montagne. Molto più delle parole con cui ho cercato di descrivere quello che è stato quella giornata.
Ci sono cose che si fa fatica a condividere, perché sono semplicemente da vivere.
Abbiamo percorso una lunga passerella, iniziata alle prime luci dell’alba e terminata sotto le luci dei lampioni che hanno illuminato l’ultima parte di strada che ci mancava da percorrere. Le montagne della Valtellina sono state il nostro unico pubblico silenzioso. Ci hanno guardato passare, noi le abbiamo ammirate passando. Ci siamo salutati, con la consapevolezza da parte di entrambe le parti che il nostro era soltanto un arrivederci.