Era il 2 ottobre 2016. Insieme a Chicco, Tony, Melo, Antonio e Pasquale ci preparavamo per correre la Ekiden. Eravamo tutti esordienti in questo tipo di gara: una maratona a staffetta. 6 frazioni, ciascuna scandita dal passaggio del tasuki, la fascia di tessuto che simboleggia il testimone. L’arena civica di Milano come punto di partenza e arrivo, dopo aver percorso ciascuno i propri km dentro e fuori al Parco Sempione.
Alla notizia che Asics avrebbe riorganizzato la stessa gara ma in forma virtuale il primo pensiero è stato “l’ennesima gara virtuale”. Ma mi sbagliavo. La Asics World Ekiden è riuscita a ridare una parvenza di realtà a un tipo di evento, la gara podistica, a cui per il momento è rimasta solo la possibilità di realizzarsi virtualmente.
In che modo?
Invitando i runner a creare delle squadre, suddividersi le frazioni, motivarsi e incoraggiarsi a vicenda, anche se a distanza, per raggiungere un unico obiettivo comune: arrivare a coprire con la somma dei km corsi da ciascuno i 42.195m.
Quando ho proposto a 5 nuovi amici di partecipare insieme a me nessuno di loro ha esitato un istante. Già solo le loro risposte trapelavano entusiasmo. Ho subito creato un gruppo whatsapp per decidere come suddividere le frazioni, operazione più rapida del previsto. Abbiamo affrontato e chiarito tutti i dubbi organizzativi, come l’utilizzo dell’app Runkeeper per tener traccia del tempo e del ritmo durante la corsa, e in men che non si dica la mia squadra, Running factor, era pronta a partire.
A Laura l’onore di aprire le danze. I primi 5km erano suoi. Li ha corsi durante una pausa pranzo, tra una lezione e l’altra. È un insegnante di pilates e in questo periodo si è dovuta reinventare tenendo su Zoom le classi con i suoi allievi. “Morta ma l’ho finita!” le parole del messaggio che ha inviato alla squadra al termine della sua frazione. Conoscendola ce l’avrà messa tutta, come accade in tutto ciò che fa.
Era il turno di Angelo. Avrebbe corso i successivi 5km. “Finito! Ho fatto del mio meglio” seguito dall’emoticon che rappresenta il braccio di ferro. Semplice e diretto. Esattamente com’è Angelo. Una persona trasparente e sincera. Per me un grande amico.
Il Motta avrebbe corso la terza frazione, la prima da 10km. Sapevamo tutti che non si sarebbe risparmiato, non lo fa mai, non è proprio nella sua indole. Nessun commento, solo lo screenshot della schermata con i tempi con a seguire un suo selfie con una smorfia. Andre pensa di non riuscire più a correre come un tempo, a seguito di un infortunio che l’ha tenuto fermo per diversi mesi. Sarà, ma io faccio sempre fatica a stargli dietro quando mi aiuta nei miei allenamenti. Spero di tornare presto a correre insieme.
Eravamo a metà staffetta. 3 componenti della squadra avevano già corso e 3 avrebbero ancora dovuto correre, compresa la sottoscritta. Il fatto che stessimo condividendo questa esperienza a distanza non l’ha resa meno intensa. “Grande! Bravo/a! Complimenti!” i commenti rivolti a chi aveva già fatto il suo. “Forza! Daje! A tutta!” invece per chi aspettava di partire.
Il tasuki era ora virtualmente in mano ad Ale. 5km per lui. Sapevo che li avrebbe corsi a tutta. Ale è una scheggia, ha una potenza esplosiva a mio avviso pazzesca. Si diverte a sfidarsi, e sfidare altri suoi amici, per battere i segmenti presenti su Strava, ma in fondo so anche che gli manca correre a Montevecchia, sullo sterrato, su e giù per i sentieri che gli fanno alzare i battiti del cuore ma che lo riempiono di gioia.
Penultima a correre la Manu a cui spettavano 10km. Ho conosciuto la Manu tramite il Motta, 2 anni fa. Mi piace perché è schietta, dice quello che pensa senza filtri. È anche un’ottima compagna di allenamento. Sapere di correre con un “pettorale” le ha dato una scarica di adrenalina che l’ha fatta correre al meglio delle sue possibilità. “Ho corso troppo bene, grazie perché senza questa gara non l’avrei fatto!” queste le sue parole prima dell’ultimo passaggio del tasuki.
L’ultima a correre, come nella gara di 4 anni fa. Sarei stata io a completare per la mia squadra la Asics World Ekiden. Ho indossato il tasuki e sono partita. Nessuno a bordo strada a fare il tifo, nessuna linea del traguardo da raggiungere fisicamente. Apparentemente una corsa come tante altre. Ma solo apparentemente. La gara era dentro la mia testa, nei miei pensieri, nei miei occhi. Ho pensato a ciascuno dei miei compagni di squadra e all’impegno che hanno dimostrato nel dare il massimo. La loro soddisfazione è stata la mia medaglia a fine corsa.
Mi dispiace che sia finita. Mi dispiace come quando alla fine di una maratona, nonostante la stanchezza, ne senti già la mancanza. Ciò che non è finita è l’amicizia che mi lega ai miei 5 compagni di squadra, amicizia che è nata grazie alla condivisione di una passione, la corsa, e che la corsa stessa continua a mantenere viva.