12 luglio
Viola e Federica mi aspettano alle 9:30 a Sondalo. Da lì avremmo imboccato il sentiero Valtellina per raggiungere Bormio. Una ventina di km per scaldarci e puntare con le gambe già calde alla nostra meta: Cancano, di cui ancora oggi sbaglio la pronuncia una volta sì e una no.
Non vedevo Viola da diversi mesi, Federica invece la incontravo per la prima volta. È raro che mi capiti di pedalare con sole quote rosa. È più facile trovare gregari uomini.
Ogni compagnia delinea un tipo di pedalata diversa. Ci sono 1000 sfumature di gregario: quelli a cui piace parlare tanto e di tutto, altri più taciturni e introversi, quelli che fanno tante pause e quelli che non si fermano mai. Alcuni li vedi continuamente mangiare qualcosa, altri si fanno bastare una barretta o al massimo una coca cola, e ti dicono che è già troppo. Alcuni girano la testa per controllare che tu ci sia e se rimani indietro rallentano per stare insieme a te. Ti chiedono come stai e ti fanno forza aiutandoti facendoti stare in scia. Ci sono quelli che mentre pedalano fanno un sacco di foto e video, e altri che non tirano fuori il cellulare dalla tasca della maglia per paura di farlo cadere.
Magari qualcuno si ritroverà in alcune di queste figure.
Pedalare con altre donne permette di affrontare discorsi che con gli uomini non si toccherebbero. Non è discriminazione. Credo che si tratti di affinità. Ognuno di noi ha la propensione ad aprirsi con chi sente più affine a sé. Vuoi per il nostro essere figlie, sorelle, nipoti, mamme, tra donne su certi argomenti ci si capisce meglio.
Pedaliamo e ci confidiamo, forse ci sfoghiamo anche un po’, non solo sui pedali, ma anche a parole. Mentre parlo con Viola e Federica penso a quanto sarebbe bello pedalare insieme alle ragazze della Newsciclismo_Liv, le compagne di squadra che non ho ancora conosciuto.
È bello parlare con Viola, la considero un po’ come se fosse la sorella maggiore che non ho mai avuto: è una sportiva come me, lei è una triatleta, e come me nell’ultimo periodo preferisce correre sulle due ruote piuttosto che sui due piedi. Queste strade per lei hanno il profumo di casa, perché lei è cresciuta qui, in Valtellina. Pedalando mi racconta storie e aneddoti sul territorio. Dalle sue parole capisco quanto sia ancora legata alla sua terra e quanta serenità le diano le sue montagne.
La salita di Cancano è la sua preferita, mi confessa. Mentre pedalo cerco di capirne il perché. Non è particolarmente lunga, circa 14 km, ed ha una pendenza molto regolare. I tornanti mi cullano e mi accompagnano in quota, un po’ alla volta. La Valdidentro a far da sfondo. È una salita che mi ascolta, non offusca i pensieri per la fatica, ma mi aiuta a riflettere, mi invita a lasciare andare e liberarmi dal superfluo. Forse stavo iniziando a capire. In genere si affronta la salita come una nemica da sconfiggere e conquistare. Non oggi. Oggi era la nostra quarta gregaria. Stavamo facendo tutte lo stesso gioco.
Arriviamo alle Torri di Fraele, che avevano vegliato su di noi dall’alto per tutto il tempo durante la nostra ascesa. Ai loro piedi ci scattiamo e ci facciamo scattare qualche foto. Vogliamo immortalare quel momento e quell’uscita tra donne.
A distanza di circa un mese sono tornata a Cancano, questa volta solo con Viola, e questa volta ci siamo spinte qualche km più avanti, fino ad arrivare ai laghi, facilmente raggiungibili con la bici da corsa su strada asfaltata. Altre storie e altri racconti hanno fatto da colonna sonora alla nostra pedalata. Ma questa volta ad attenderci a fine percorso, due macchie azzurre, in cui specchiarci in sella alle nostre bici, senza bisogno di chiedere altro.