“Ciao Sara, avremmo il piacere di coinvolgerti in un altro progetto organizzato da ASICS”.
Partecipare a una delle gare in programma di uno storico circuito di trail running: la ASICS SaintéLyon. Nello specifico io avrei corso la SaintéTic, la gara di 13km e circa 300m di dislivello positivo. La vera figata è che si sarebbe corsa di notte.
“L’hype è già alle stelle, come quelle che spero si vedranno durante la gara: I’m in, sarò dei vostri!”.
Ogni trasferta e ogni nuova esperienza ripercorre più o meno sempre queste dinamiche: io che ricevo la proposta e mi esalto già solo all’idea di fare lo zaino, prendere l’aereo e partire, ogni volta verso una nuova destinazione, dove conoscerò nuove persone e ne rincontrerò altre con cui mi è già capitato di condividere momenti trasformatisi in ricordi. Esattamente come mi è capitato una volta arrivata a Lione: ho incrociato molti volti nuovi, provenienti da tutta Europa, ma anche molti sguardi e sorrisi già impressi nella mia mente, come quelli di una parte della crew con cui ho condiviso la staffetta Pass the Spark. Durante il primo incontro si crea una connessione, al successivo inizia a instaurarsi un legame, come quello che esiste già da diversi anni con ASICS e le persone che ci lavorano.
È stato un weekend pieno. Pieno di chiacchiere e momenti di confronto, iniziati con tre diversi workshop in cui sono stati condivisi i processi, passati e futuri, di ideazione, progettazione e produzione dei prodotti. L’attenzione ai dettagli è essenziale. Un intero spazio è stato riservato agli accessori, così importanti ma spesso trascurati. Nel trail running forse ancora di più che nella corsa su strada indossare un vest che si adatti ai tuoi movimenti, non stringa provocando punti di attrito o sfregamento e che disponga di tutte le tasche di cui hai bisogno e nei punti in cui sono più accessibili, può davvero cambiare lo spirito con cui vivi l’esperienza.
C’è stato uno scambio di visioni, idee, bisogni ed esigenze attraverso un dialogo attivo tra le parti, produttore e consumatori. Un momento di crescita personale e professionale per tutti. Cosa fare al termine di una giornata in cui si sono ricevute una quantità enorme di informazioni che il cervello deve a poco a poco elaborare? Sono andata a correre.
Insieme a Paolo abbiamo corso lungo la sponda del fiume Rodano. Andata e ritorno per un totale di 10km per rinfrescarci e schiarirci le idee prima della cena con tutto il team. La verità è che abbiamo parlato tutto il tempo della giornata, trasformando quella corsa in un ulteriore momento di scambio e confronto. Anche la mattina seguente siamo usciti a correre, questa volta per l’ormai immancabile shake out run pre gara, terminata proprio all’expo dove ritirare i pettorali.
È stato nel momento stesso in cui ho messo piede nell’expo che ho veramente realizzato la portata dell’evento: sembrava di essere nel villaggio di una maratona internazionale più che di una gara di trail running. In Francia la SaintéLyon è una vera e propria istituzione. Un padiglione immenso pieno zeppo di stand tra cui quello dello sponsor tecnico, ASICS per l’appunto, dominava incontrastato. Nello stupore generale si è aggiunto un ulteriore elemento di sorpresa: un insolito pettorale che ha lasciato tutti a bocca aperta per la sua forma, o per meglio dire per le sue dimensioni che lo facevano assomigliare più a una “pettorina/gilet” come quella usata dai bambini alla scuola di sci. Alla fine vi dirò, indossata non era nemmeno poi così male.
Il pomeriggio è volato e alle 18:30 era già ora di cena. Avremmo dovuto lasciare l’albergo poco prima delle 21 per dirigerci alla partenza fissata alle ore 22:30. Nel mio piatto un’abbondante porzione di riso e patate e stop. Decidere quanti e quali strati indossare ha richiesto più tempo del previsto. Alla fine ho optato per una maglia termica a manica lunga, una seconda maglia a manica lunga e il jacket antipioggia entrambe della linea Fujitrail che prende il nome dall’omonimo vulcano Fuji, la montagna più alta del Giappone. Per completare l’outfit leggings lungo, calza alla caviglia e ai piedi le Gel-Trabuco 12. Un buff al collo e uno usato come fascia sopra cui ho appoggiato la frontale, guanti et voilà, ero pronta.
Più ci avvicinavamo al punto di partenza, più i banchi di nebbia diventavano fitti e densi. Tuttavia una volta scesi dal pullman la situazione era migliore di quanto sembrasse dai finestrini. Un po’ di riscaldamento in gruppo con qualche minuto di corsa lenta, qualche allungo ed esercizio di attivazione ed era ora di partire. Le luci delle frontali sembravano tante piccole lucciole in un prato. Era iniziato il countdown, ovviamente in francese: trois, deux, un. C’est parti!
C’era l’emozione e la curiosità di quando ti imbarchi in qualcosa di nuovo, sconosciuto. La magia dell’ignoto, della scoperta. I primi chilometri sono stati per lo più in discesa, sull’asfalto e su tratti di strada parzialmente illuminati. Con la prima curva secca a destra segnalata da un cartello catarifrangente ci si è immessi sul primo sentiero e tutto a un tratto era buio pesto. I 13km della SaintéTic sono stati un alternarsi abbastanza bilanciato di tratti su strada e tratti fuoristrada, salite, più o meno dolci, e discese. I sentieri erano puliti, con pochi elementi di difficoltà e dal mio punto di vista accessibili anche a chi ha poca dimestichezza con quel tipo di terreno. Qualche gradinata da salire e scendere ha reso ancora più vario il tracciato. Complessivamente l’ho trovata una gara molto corribile.
Sono stata felice della scelta della scarpa che ha contribuito a farmi godere ogni singolo metro corso. Ho ritrovato nelle Gel-Trabuco 12 un po’ delle Gel-Nimbus 26 a livello di calzata e aderenza soprattutto nella parte posteriore del piede, a livello della caviglia e del tallone, e qualcosa della famiglia Novablast nella sensazione di atterraggio confortevole ma dinamico, merito dell’intersuola FF Blast. La suola in ASCISGRIP sempre una garanzia e con nulla da invidiare ad altre.
Più andavo avanti e più mi gasavo, per la situazione, l’atmosfera, le sensazioni positive che avevo correndo in una condizione diversa dal solito visto e considerato che mi alleno e gareggio praticamente sempre di mattina e quindi con la luce del giorno. Non è stata la mia prima esperienza di corsa in notturna (ricordo per esempio la Montevecchia Night Trail) e non sarà nemmeno l’ultima, ma è stata senza ombra di dubbio una delle più belle fino ad ora.
Salutavo ad ogni incrocio i volontari in servizio con un “bonsoir/mercì” che rientrano tra le poche parole di francese che conosco. Procedevo senza sforzo e con nonchalance assaporando ogni singolo metro di quel percorso, pensando a quanto fossi contenta di essere lì. It’s a wrap!
Mi sentivo così bene e stavo correndo così serenamente che mi è dispiaciuto essere arrivata al traguardo. Ero piena di good vibes dalla punta dei piedi fino alla punta dei capelli, doppie punte comprese. È questo il mio pane, è questo che tira fuori la parte migliore di me: la corsa in ogni sua singola sfumatura e sfaccettatura.
D’ora in avanti quando penserò alla Francia, tra i primi simboli che mi verranno in mente insieme alla baguette e alla Tour Eiffel ci sarà la SaintéLyon. Un’esperienza che difficilmente avrei messo a calendario nel breve periodo. Chi mi conosce sa che la finestra temporale che dedico al trail è circoscritta ai mesi estivi. Grazie ad ASICS ho avuto il piacere di scoprire una perla rara nel bel mezzo di un mare magnum. Un evento storico che proprio quest’anno ha festeggiato il suo settantesimo anniversario, e a cui spero di tornare anche l’anno prossimo, magari cimentandomi in una distanza un po’ più lunga.
We moved our minds on the trails.