Credevo che tra noi non ci fossero più segreti, mio caro vecchio amico Stelvio. Negli ultimi due anni “ne abbiamo vista qualcuna, vissuta qualcuna” (chi ha occhi ma soprattutto orecchie per intendere capirà), ma niente di simile a quello che abbiamo condiviso nel corso delle ultime tre settimane. Anche quest’estate sono tornata a trovarti, seppur in vesti diverse. Sempre in pantaloncini, ma senza fondello. Con delle scarpe che al posto delle tacchette avevano le stringhe. Mi sono presentata ai tuoi piedi non più in sella alla mia bici ma in equilibrio sulle mie sole gambe, pronta a correre lungo la strada che mi avrebbe portato a raggiungere la tua maestosa vetta.
Re Stelvio Mapei
Come primo step ho scelto di rivivere la mia prima esperienza sulla strada che ci ha fatto conoscere, quella che da Bormio arriva in cima al passo. La stessa strada che si percorre anche in bici e con qualsiasi altro mezzo a motore. È stato in occasione della Re Stevio Mapei lo scorso 9 luglio. Una strada su cui sono tornata più e più volte di cui conosco praticamente ogni curva, ogni scorcio, ogni punto critico e ogni bellezza. Un luogo a me famigliare ma comunque capace di stupirmi ogni volta.
Com’è stato correre per 21km in salita per un totale di 1500m di dislivello positivo?
Faticoso, senza ombra di dubbio. Una fatica diversa da quella che conoscevo, seppur simile per certi aspetti. Come procedere al rallentatore, avendo quasi l’impressione di andare indietro piuttosto che avanti. Avere la respirazione che si fa più affannata per la scarsità di ossigeno raggiunta una certa quota. Nulla che non avessi già provato sulla mia pelle. Nulla di nuovo, ma di fatto tutto nuovo. Non è stata inedita nemmeno la sensazione di soddisfazione e felicità una volta tagliato il traguardo. Arrivare ai tuoi 2758m è sempre un’emozione unica, come se fosse sempre la prima volta.
Stelvio Trail Run
Poi, com’è successo con il nostro excursus sulle due ruote, ho voluto cambiare versante, risalendoti dal lato trentino. Il passaggio dal considerare l’idea di partecipare alla Stelvio Trail Run all’atto d’iscrizione pratica è stato breve. È così che sabato 22 luglio mi sono presentata ai nastri di partenza della gara che da Prato allo Stelvio sarebbe culminata ai 2845m del Rifugio Garibaldi.
Altri 21km da correre ma questa volta con 2100m di dislivello positivo percorrendo per quasi la totalità della distanza un mix di sentieri escursionistici ed alpini. Una mezza maratona verticale. Il tracciato ideale per chi come me digerisce poco la discesa, con qualsiasi mezzo la si debba affrontare.
“Guardatevi intorno”
il consiglio dello speaker prima di iniziare il countdown che avrebbe dato il via alla gara.
“… è un’emozione che cresce piano piano” le parole della canzone che risuonava per strada, diffuse dalle casse della tifoseria di Stelvio, il paesino che prende il tuo nome.
“Non farò nemmeno la finta di rimettermi a correre” l’avvertimento che ho dato al fotografo incontrato negli ultimi chilometri di strada, a cui è seguita una risata spontanea da parte di entrambi. “Non serve fare niente, il paesaggio fa tutto da solo” è stata la sua risposta, mentre conservava il sorriso sulle labbra. Dopo aver visto le foto che mi aveva scattato ed aver osservato la scena dalla sua prospettiva ho capito cosa intendesse dire.
Il fatto è che sei meraviglioso da qualsiasi prospettiva, caro amico mio. Ancora una volta sei stato lo scenario di un’esperienza speciale. Hai fatto riaffiorare vecchie emozioni e me ne hai fatte provare di nuove. Sei molto più che un passo alpino. Sei l’amico che ti ascolta in silenzio capace di trasmetterti fiducia e serenità con il suo solo esserci. Perché la felicità sta nelle piccole cose.