“BUONGIORNO, NOI STIAMO ANDANDO A PARIGI IN BICI!”
Questa la frase che ha scandito l’inizio delle nostre giornate. Chissà cosa avranno pensato i passanti vedendoci arrivare in sella alle nostre bici. Alcuni hanno riso insieme a noi, altri hanno assunto espressioni sconcertate, altri ancora si sono visibilmente spaventati alle urla di Andrea.
Il nostro viaggio è stato un insieme di aneddoti. A partire dal venerdì sera prima della partenza: il panico di Andrea nell’aver fatto scattare l’allarme del mio appartamento in mia assenza, il mio ritorno a casa dal Friuli alle 23 accompagnata dai racconti di viaggio del buon Fra, un bilocale trasformatosi in una specie di campo profughi per una notte, con bici, borse, scarpe e caschi sparsi ovunque.
Quando si è in procinto di partire per un viaggio pianificato da mesi è sempre difficile realizzare che sia arrivato il momento tanto atteso. Vedere sabato mattina sotto l’Arco della Pace amici arrivati appositamente da ogni dove per augurarci buon viaggio ed accompagnarci per qualche chilometro mi ha reso consapevole che la nostra avventura stava per prendere vita.
Un’avventura durata cinque giorni, centoventi ore di cui trentanove pedalate, novecento chilometri, cinquemila metri di dislivello accumulato e un numero indefinito di canzoni cantate.
La musica è stata la nostra quarta compagna di viaggio, sempre presente a tutto volume, sia che provenisse dalla cassa dell’Andre che dalle mie “melodiose” corde vocali. Non è un caso che mi sia guadagnata il soprannome di Saraoke. Era un cantare continuo, ininterrotto. Penso di aver cantato, o stonato, dipende dai punti di vista, più canzoni di Elisa che di qualsiasi altro cantante, fatta eccezione per il momento in cui ho cercato di intonare le note di Don’t Stop Me Now sotto la statua di Freddy a Montreux.
In viaggio, così come quando sono in bici, perdo la cognizione del tempo. Quindi per me fare un viaggio in bici significa confondere martedì con mercoledì e non rendermi conto che si siano fatte le 13 quando fino a poco tempo prima erano ancora le 10. I miei punti di riferimento diventano i luoghi attraversati, i discorsi affrontati, gli eventi accaduti, i messaggi ricevuti.
Ogni tappa è stata scandita da un evento che l’ha contraddistinta:
Milano – Brig il Passo del Sempione
Brig – Losanna il vento
Losanna – Beaune la mia fuga alias la locomotiva della Bovisa
Beaune – Migennes il problema alla leva del mio cambio
Migennes – Parigi gli Champs Élysées
Il minimo comune denominatore sono state le mucche, presenza costante lungo il nostro tragitto, e ovviamente i miei compagni di viaggio, Davide, alias il doc, ed Andrea, alias il Pippy. Nessuno di noi tre aveva mai trascorso così tanto tempo a stretto contatto insieme agli altri due. Potenzialmente sarebbe potuto succedere di tutto, ed effettivamente è successo un po’ di tutto, ma nulla di brutto e soprattutto che non potesse essere gestito.
Abbiamo pagato una cena a base di hot dog, birra e patatine a peso d’oro. Di fronte a francesi poco collaborativi abbiamo cercato di farci capire a gesti, solo come tre italiani all’estero saprebbero fare. Io e Davide abbiamo ascoltato Andrea cantare (L)Osanna nell’alto dei cieli per una giornata intera e lo abbiamo visto twercare da fare invidia a Miley Cyrus.
Abbiamo sempre trovato uno sguardo di intesa l’uno negli occhi dell’altro. Ci siamo sempre aiutati e sostenuti a vicenda, a volte con le buone e altre con le cattive.
La nostra è stata una convivenza fraterna, sia durante il corso delle giornate che delle serate, una volta arrivati in hotel. E come tutti i rapporti fraterni non son mancati i momenti di goliardia, come quando una mattina sono stata svegliata dalla “gentile e delicata” voce di Andrea che mi ha urlato nelle orecchie un dolce “SVEGLIAAA”. Per non contare gli episodi di ciabatte e altri oggetti che son stati nascosti.
Difficile ricordare anche il numero di birre alzate per brindare ad ogni tappa portata a termine. Ci sarebbe voluta una birra anche nel momento in cui siamo riusciti a risolvere il problema alla leva destra del mio cambio. Ho cercato di sopperire alla mancanza di una dissetante bionda con un grande e sincero abbraccio ai miei due angeli custodi.
In un viaggio fatto solo ed esclusivamente di momenti up quello della leva è stato l’unico momento down. Anche se la “sorpresa” riservatami da Davide a pochi chilometri da Parigi vale una menzione speciale: si era trattato di un settore di pavé misto sterrato un po’ in salita e un po’ in piano non dichiarato. In pochi minuti ho fatto una quantità esagerata di brutti pensieri, che tuttavia mi son lasciata in fretta alle spalle nel momento in cui abbiamo ripreso la retta via.
Tutto ciò che ha un lieto fine è da considerarsi positivo a dispetto di tutte le problematiche, gli ostacoli e le difficoltà incontrate lungo il percorso. Tutto è bene quel che finisce bene. O come direbbe l’Andre “a bere”.
Le battute sull’accaduto si son sprecate, e ci hanno accompagnato per tutta la restante parte di viaggio. Son certa che proseguiranno ancora adesso a viaggio concluso.
Sono passati una decina di giorni dalla fine di quel viaggio a cui ho preso parte un po’ per caso, quando un giorno Davide e Andrea mi hanno chiesto se avessi voluto unirmi a loro. Ho risposto con un energico sì, senza avere alcuna esitazione.
Qualsiasi cosa le proponi Sara ti dice sì, se è da fare in bici la sua risposta sarà “sì va bene andiamo”.
La verità è che saremmo potuti andare un po’ ovunque. La meta aveva un’importanza relativa. Ho detto sì a due persone a cui voglio bene, di cui mi fido e con cui sarei stata felice di trascorrere molto tempo. Ho detto sì alla condivisione di un’esperienza che ci ha fatto attraversare tre diversi stati lungo una linea costellata di immense distese di campi e che ha unito due capitali europee. Ho detto sì a un ingresso rumoroso nei Campi Elisi sulle note dell’omonima canzone.
Ho voluto esserci per chi mi ha voluta per rendere reale un’idea nata nella testa di Davide, poi trasferita su una mappa all’interno di un’applicazione.
La Milano – Parigi è realtà, abbiamo pedalato dall’Arco della Pace fino ad arrivare all’Arco di Trionfo.
Dove ci porterà la prossima volta il doc?
#vadovetiportaildoc