L’ultimo racconto risale circa a un mese fa. A quella volta quando insieme a Mattia e Federico abbiamo raggiunto Torino in sella alle nostre bici. Da allora ne sono successe di cose. Si sono accumulati km nelle gambe e immagini negli occhi per poi depositarsi nella memoria.
Ogni weekend una nuova partenza, nuovi scenari, nuovi capitoli di una vita da vivere a colpi di pedale. Così dopo il viaggio a Torino è stata la volta di Verona, dove con Mattia abbiamo pedalato costeggiando i vigneti della Valpolicella puntando il monte Baldo, poi il passo Fittanze passando da Sega di Ala, e dopo il passo Pidocchio e Montecchio.
L’obiettivo della giornata era raggiungere complessivamente i 5000m di altitudine, obiettivo che è stato mancato per una serie di sfortunate vicissitudini di soli 100m scarsi. Sarebbero stati i miei primi 5000m percorsi in bici, ma come qualcuno mi ha detto, a volte va bene anche se non si riesce a portare a casa il risultato al primo tentativo.
Mattia ed io ci siamo “consolati” il giorno successivo con un altro giro nel veronese, in direzione del passo del Branchetto passando dal Corno Mozzo, aggiungendo altri 3000m al nostro weekend veneto.
Un fine settimana veneto a cui ne è seguito un altro, con un obiettivo diverso, ambizioso, forse azzardato: completare la randonée Edelweiss 400km. La randonnée è un evento organizzato su lunghe e lunghissime distanze. Non è una gara, è un’esperienza. Il percorso viene fornito dalla società organizzatrice, insieme a una sorta di “passaporto” da far timbrare nei punti di controllo. C’è un tempo di partenza e un tempo limite di arrivo, ma non c’è classifica.
Davide, un suo amico ed io siamo partiti alle 7 di sabato mattina e abbiamo completato l’intero percorso alle 8:30 di domenica, dopo 20h di pedalata effettiva e una notte trascorsa interamente in sella senza mai fermarci a dormire. I miei primi 400km, le mie prime 20h in sella, la mia prima rando.
Cinque giorni dopo ero di nuovo con Mattia e Federico per chiudere una questione in sospeso: raggiungere quei 5000m mancati in terra veneta. Ed è sulle strade che da Voghera ci hanno condotto a Piacenza che questa volta abbiamo centrato abbondantemente l’obiettivo, rischiando però di fallirne un altro: arrivare in tempo in stazione per prendere l’ultimo treno che ci avrebbe riportato a Milano. Ma quando la giornata gira nel verso giusto nulla può andare storto, e siamo riusciti a salire sul treno delle 22:30.
Due giorni dopo ho compiuto gli anni. Per l’occasione mi sono regalata un nuovo passo, il San Marco. Puntavo da tempo a questo passo, da settembre dell’anno scorso. Era arrivato il momento di lasciare il “segno” del mio passaggio anche lì, andando ad attaccare il mio adesivo sul cartello del passo.
Sulla strada di rientro a casa, dopo essere scesi dal versante di Morbegno e aver raggiunto Lecco, sulla nuova ciclabile che costeggia il lago il ragazzo che stava pedalando con me è improvvisamente e inspiegabilmente caduto. Nella caduta la sua bici mi ha letteralmente falciato, facendo cadere anche me. È stato uno shock. Un attimo prima stavo pedalando tranquilla e un attimo dopo ero a terra, spaventata e dolorante.
I giorni peggiori sono stati i successivi, in cui ho messo tutto in discussione. Non era la prima volta che mi capitava di cadere, ma non mi era mai successo di essere un danno collaterale di un errore di altri. Mi ero persa e ho iniziato a domandarmi quanto valesse la pena andare avanti, insistere, rimettermi in sella una volta guarite le ferite. Valeva la preoccupazione delle persone che mi vogliono bene? Valeva il rischio di essere vittima di eventi che non posso controllare né prevedere?
La paura mi si leggeva negli occhi, e se ne sono accorti tutti, sia le persone che mi conoscono bene sia quelle che mi conoscono solo via web. Non so mentire, il mio viso è trasparente, mi si legge in faccia quello che penso.
Sono state tante le parole di conforto, di tutti i tipi, ma tutte con un unico messaggio di fondo: riprenditi presto. Un messaggio che mi ha colpito molto, diceva “c’è bisogno di te in giro”. Perché ho pensato, perché proprio di me. Chi sono io? Sono un’entusiasta, una sognatrice, sono una ragazza che non vive nel rimpianto. Questa sono io, mi ero riconosciuta.
Davide mi ha aiutato, come ha sempre fatto da quando lo conosco, questa volta più a livello mentale che fisico, a superare il timore di tornare a pedalare. Così insieme a Davide, Marco e Mattia, alle 5 di sabato mattina ci siamo messi in viaggio per raggiungere Marina di Massa dopo aver attraversato una Cisa infuocata ed esserci tuffati in mare dopo 260km di bici. Non si è trattato di una gita al mare, per me è stata una seduta terapeutica durata 10h25minuti in cui sono tornata a fidarmi del mezzo che mi procura tanta felicità: la mia bici.
E poi è arrivato l’invito a partecipare a un giro molto importante. Non tanto per il percorso in sé, comunque degno di nota, quanto per le persone con cui l’avrei affrontato: i ragazzi di Assaultofreedom. La mia idea di ciclismo è in realtà in primis la loro idea di ciclismo. Mi sento sotto questo punto di vista una loro “creatura”. Ciò che ci accomuna è la filosofia di affrontare questo sport con spirito di avventura. Non siamo fanatici, siamo ragazzi che rincorrono la loro libertà, e lo fanno su due ruote. 2 passi, 330km per 4000m di dislivello, questa è la nostra attitudine, questi siamo noi.
A volte mi meno via. Perdo occasioni. Come quelle di raccontare settimana dopo settimana i miei weekend dove sono costantemente in giro. Con questi racconti avrei potuto riempire pagine bianche del blog. Così non è stato, può capitare, non è un dramma. Anche perché per quanto mi piaccia scrivere e giocare con le parole, la cosa che preferisco fare è sempre parlare con i fatti. E in questo Strava canta!