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Un’avventura lunga 42km: il Valtellina Wine Trail insieme a Karen

È luogo comune che le donne facciano fatica ad instaurare delle relazioni senza antagonismo e senza provare invidia. La rivalità tra donne è una storia antica quanto il mondo. Oggi però vi voglio raccontare di come due donne si siano date forza l’un l’altra, sostenendosi e incoraggiandosi, e mano nella mano, abbiano tagliato un traguardo che lascerà un segno indelebile nelle loro storie.

Io e Karen ci conosciamo da un anno e poco più. Lei ama la montagna e le gare di trail. Io sono una ultramaratoneta e maratoneta semi-imbruttita. Ricordo ancora quando mi è arrivato quel suo messaggio.

“Se facessimo una pazzia e provassimo a correre la 42k del Valtellina Wine Trail?”

Di fronte a quella richiesta mi sono fermata un attimo, imbambolata a guardare lo schermo del cellulare mentre i pensieri scorrevano velocissimi. Sarebbe significato correre altri 42k a meno di un mese dalla maratona di Amsterdam, aggiungendo la difficoltà del dislivello, che sarebbe stato pari a 1731m sull’intera distanza. Ho tergiversato qualche minuto ma in realtà avevo già la risposta pronta. Inizio a scrivere la risposta a Karen. Invio.

“Facciamola!”

Fin dal principio abbiamo desiderato correrla insieme, dall’inizio alla fine, ma senza sentirci vincolate una all’altra: se a un certo punto una delle due fosse stata meglio dell’altra avrebbe dovuto proseguire senza lasciarsi condizionare. Libere di fare la nostra gara, ma con la consapevolezza della presenza e dell’appoggio dell’altra. Avremmo voluto anche allenarci insieme, ma gli impegni di entrambe non ce l’hanno consentito. Abbiamo corso solo una volta insieme la settimana precedente alla gara in occasione della Stracantù. Di fatto non essendo riuscita a seguire una preparazione specifica per questa gara, come da accordi con il mio coach, avrei vissuto di rendita dei km corsi nei mesi precedenti.

La gara si sarebbe tenuta sabato 9 novembre. Dopo una settimana di pioggia quasi incessante il meteo è stato dalla nostra parte, regalandoci una splendida giornata di sole. Di prima mattina ci siamo messe in macchina in direzione Sondrio. In extremis siamo riuscite a prendere il treno che avrebbe fermato prima a Chiuro, dove sarebbero scesi i partecipanti della 21km, e poi a Tirano, punto della nostra partenza.

Vedendo tutti i nostri amici scendere a Chiuro, tra abbracci e parole di incoraggiamento, mi son resa conto che era arrivato il momento di focalizzare l’attenzione sull’obiettivo: portare a termine insieme a Karen la mia prima maratona in montagna.

Karen stava cominciando a sentire la tensione, l’ho notato dal cambiamento dei sui gesti e dal suo sguardo, a tratti un po’ assente, come se con il pensiero fosse altrove, probabilmente rivolto alla gara. Arrivate a Tirano siamo andate a ritirare i pettorali: 539 per lei e 31 per me.

Tra i preparativi, il riscaldamento, e l’in bocca al lupo di Marco De Gasperi, l’organizzatore dell’evento, in men che non si dica sono arrivate le 12 e mentre era in corso il conto alla rovescia, senza bisogni di dirci nulla io e Karen ci siamo scambiate uno sguardo d’intesa e… siamo partite!

Sapevo che non si sarebbe trattato di un percorso facile da gestire, e lo si è dimostrato fin dal principio con le salite che non hanno tardato a presentarsi. Nonostante affrontassi il dislivello con calma, andavo molto in affanno, non facevo in tempo a recuperare fiato in discesa che subito c’era un’altra salita che mi aspettava. I passaggi nelle cantine, sui terrazzamenti e in mezzo alle vigne, così come il paesaggio della vallata che si estendeva sotto di noi ha aiutato a distrarmi. Karen era qualche centinaio di metri avanti a me, era alla portata visiva, sembrava non fare nemmeno un po’ di fatica. Vederla là avanti mi è stato di aiuto per reagire e lasciare da parte le preoccupazioni che stavano per impadronirsi della mia testa.

All’altezza del 10° km, in prossimità del secondo ristoro ci siamo ricompattate e dopo una breve sosta siamo ripartite. Nei tratti in pianura e in discesa stavo io davanti a tirare, in quelli in salita mi dava il cambio Karen, esattamente come avevamo immaginato accadesse, con un perfetto gioco di squadra.

Mentre i km passavano anche tutto quell’esagerato affaticamento iniziale era solo un ricordo. Avevo iniziato a correre bene e in modo spensierato, pensando solo a godermi il momento. Salutavo, battevo il cinque e rispondevo agli incitamenti di tutte le persone incontrate lungo il percorso accorse per fare il tifo. Mi stavo davvero divertendo un mondo, e credo si vedesse!

Arrivate al ristoro Nino Negri, a Chiuro, avevamo raggiunto e sorpassato la metà della gara. È qui che mi sono resa conto che c’era qualcosa che non andava. Karen iniziava a sentire le gambe dure e quel maledetto dolore al piriforme cominciava a darle fastidio.

La situazione non è andata migliorando. Ogni passo, soprattutto nei tratti in discesa, le costava molto dolore e fatica. Io le facevo strada, antecedendola di pochi metri, cercando di tanto in tanto di distrarla parlandole d’altro. Al ristoro della Madonna del Carmine eravamo al 35° km. La temperatura cominciava a scendere e il sole era prossimo a nascondersi dietro il versante della montagna. Prima di riprendere la nostra corsa, vedendo Karen un po’ giù, le ho preso il viso tra le mani, l’ho guardata bene negli occhi e le ho detto

“sei forte Karen, ce la fai!”

Avevo capito che da quel momento in avanti avrei dovuto essere forte per entrambe.

Avevo preso confidenza con il terreno dei sentieri, riuscendo a correre con disinvoltura in mezzo ai vigneti che, con le luci del tramonto, avevano assunto infinite sfumature di verdi. La strategia era ragionare per step in attesa di raggiungere il traguardo, ponendoci dei mini obiettivi. Quello successivo sarebbe stato il Castel del Grumello. Entrambe sapevamo che una volta arrivate al Grumello sarebbe mancato davvero poco. Karen ha cercato di farmi andare avanti, dicendomi di proseguire senza di lei. Insisteva nonostante le dicessi che non l’avrei fatto. Sapevo che me lo stava dicendo per non condizionarmi, voleva che fossi libera, senza vincoli, esattamente come ci eravamo accordate. Ed era come mi sentivo, libera di prendere la mia decisione: ho scelto di restare.

Il Castel Grumello ci ha accolto all’interno delle sue mura e dei suoi giardini sulle note di una canzone suonata dal vivo da un musicista al pianoforte, che insieme alle ultime luci del giorno hanno creato un’atmosfera davvero magica. Eravamo al 38° km, praticamente avevamo Sondrio ai nostri piedi.

Le salite hanno, per la maggiore, lasciato il posto alle discese, dove ho permesso alle gambe di girare libere, senza freni. Dopo aver imboccato una serie di gradini ho guardato il punto in cui terminavano, in prossimità di un arco, al di là del quale si scorgevano un sacco di persone. Mi sono girata all’instante e ho gridato: “KAREN CI SIAMO, CI SIAMO!”. L’ho aspettata e l’ho presa per mano. Ce la siamo stretta forte e da quel momento non ce la siamo più lasciata.

L’ingresso a Sondrio è stato liberatorio. Passare in mezzo alla gente, urlando quasi a perdifiato, con Karen al mio fianco ha duplicato l’adrenalina e le emozioni che sentivo in circolo. Correvamo a più non posso, più veloce di quanto avremmo mai potuto immaginare. Poi all’improvviso la passerella, le transenne, la folla sempre più numerosa e lui, il gonfiabile dell’arrivo.

Senza più fiato in gola, con le gambe doloranti e il cuore che traboccava di felicità, alzando al cielo le mani che ci tenevamo strette, slanciandoci in un salto con le ultime forze che ci erano rimaste io e Karen abbiamo tagliato il traguardo della 42k del Valtellina Wine Trail in 5 ore 25 minuti e 35 secondi.

Ci siamo abbracciate forte per qualche secondo, appoggiando la testa l’una sulla spalla dell’altra. Eravamo stanche ma davvero felici. Ad attenderci Manuela e Federica che ci hanno messo le medaglie al collo, e con loro tutti gli amici di SportPress che ci avevano riservato un’accoglienza degna di due campionesse. Ci hanno riempito di complimenti e coccolato come non mai. Ad accogliermi c’era anche Valentina e mio papà, che da amante della Valtellina non si sarebbe perso questo mio traguardo per nulla al mondo!

Sono seguiti i festeggiamenti al Pizzocchero Party allestito dall’organizzazione della gara, durante i quali ci siamo deliziate con una succulenta portata di pizzoccheri sorseggiando vino rosso Valtellinese per poi proseguire a suon di musica con balli e festeggiamenti che si sono prolungati per tutta la serata.

La domenica mattina mi sono svegliata con la sensazione che un tram mi avesse investito, o quasi. Mi è andata anche peggio lunedì, ma con qualche nuotata e seduta di allenamento cross a poco a poco i dolori spariranno e ciò che rimarrà sarà solo il magnifico ricordo di una gara davvero speciale, che ho corso con una donna, nonché sportiva e mamma, davvero speciale, Karen.

Con quel messaggio mi ha scelto come sua compagna di viaggio per il Vatellina Wine Trail, e credo che questo sia solo il primo episodio di una lunga serie di avventure da correre insieme!

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