Cosa volevo di più dal 2018? Ho fatto tante gare e mi sono tolta parecchie soddisfazioni, la più grande di tutte correre la maratona di New York. Una volta rientrata in Italia, e dopo aver partecipato al Valtellina Wine Trail, avrei potuto prendermi un periodo di riposo, diminuendo i volumi e rallentando la frequenza degli allenamenti. Ma non mi sentivo stanca. Non mi andava di riposare. Avevo ancora voglia di gareggiare, indossare un pettorale e sentire l’adrenalina della competizione. Instancabile? Sì. Azzardata? Forse. Ma perché avrei dovuto fermarmi se mi sentivo ancora nel pieno delle forze? Ho assecondato il mio istinto e mi sono iscritta alla maratona di Pisa del 16 dicembre.
Ovviamente non avrei corso 42 km solo per il gusto di portarli a termine, non ne sarei stata capace. In testa avevo un obiettivo ben preciso: fare il personal best. Il tempo da battere era 3:42, il tempo fatto alla Milano Marathon lo scorso 8 aprile. Con un 3:44 alla maratona di New York su un percorso per niente scorrevole, a Pisa, su un tracciato quasi completamente pianeggiante, un 3:39 era sicuramente alla portata, ma forse potevo azzardare anche a qualche minuto in meno.
Qualcuno mi ha dato della “pazza” a voler correre un’altra maratona a poco più di un mese da NY, qualcuno si è complimentato per la mia caparbietà e forza di volontà. Sta di fatto che la mia decisione l’avevo presa ed era irreversibile: ero più determinata che mai a raggiungere il mio obiettivo.
Con Matteo, il mio coach, abbiamo programmato il mese di allenamenti che mi separava da Pisa, considerando i 42k di New York come un lungo, mantenendo un buon volume di km settimanali senza trascurare qualche lavoro di qualità (ripetute, fartlek in pista), il tutto senza esagerare. Tutto è filato liscio e mentre i giorni passavano non c’è stato un attimo in cui mi sono pentita della decisione presa.
A un paio di settimane dalla gara sono andata a trovare il mio amico Claudio, posturologo e massaggiatore sportivo, che mi ha sciolto le gambe rendendomele come nuove, eliminando tutto lo stress e le tensioni accumulate nel corso dei mesi e preparandole per l’ultima fatica dell’anno.
Avevo già gareggiato a Pisa nell’ottobre del 2016 cimentandomi nella mia seconda mezza maratona. Ho un bellissimo ricordo di quel week end e di quella esperienza, forse perché mi rivedo in quella ragazza piena di sogni e speranze.
Ed eccomi in griglia la mattina del 16 dicembre, sotto un cielo coperto e con un freddo che mi entrava nelle ossa. Avvolta nel mio sacco di plastica per tenere caldi i muscoli, contavo i minuti che mi separavano alla partenza, senza agitazione.
Come sarebbe andata? Quanto bene sarei riuscita a fare? Sarei saltata partendo troppo forte?
Le note di All I want for Christmas is you mi hanno distratto da tutti questi dubbi e, canticchiando e ballicchiando sono passata sotto lo start. Lo spettacolo era iniziato!
Inizio a correre facendo fatica a farmi strada a causa delle tante persone che avevo davanti. Non avevo ancora deciso che passo tenere, volevo basarmi prevalentemente sulle mie sensazioni e adottare una corsa facile, almeno per i primi 21 km, e magari anche per qualche km in più.
Devo essere sincera, non ho badato molto né al paesaggio né alla scarsa affluenza di persone incontrate lungo il tragitto, ero come in trans agonistica, concentratissima sulla mia gara. Non volevo perdere nemmeno per un istante il contatto con me stessa, dovevo continuare a correre senza percepire troppa fatica, con la sensazione di poter andare più forte ed imponendomi di frenare, per preservare le energie per la parte finale della gara.
Sul vialone rettilineo, e apparentemente infinito, che da Tirrenia mi ha condotto a Marina di Pisa, ho scorto tutto ad un tratto il mare che mi ha procurato un senso di pace e serenità che mi ha sconnesso con tutto. È l’effetto che mi fa il mare, non importa se sia estate o inverno, mi calma e mi rilassa. Peccato solo per il forte vento freddo che tirava contro e che era parecchio fastidioso.
È circa a questo punto, verso il 25° km che ho incontrato Vito, un maratoneta come me. Aveva più o meno il mio stesso passo, così ho iniziato a seguirlo. Avere qualcuno a farmi da lepre, ovvero a dettare il passo da tenere, sarebbe potuto essere un buon appiglio in caso fosse sopraggiunta la crisi. E poi così non avrei corso da sola, ci saremmo fatti compagnia l’un l’altro.
L’andatura è rimasta costante, eravamo perfettamente coordinati. Siamo arrivati al 30° km e poco prima di raggiungere il ristoro per prendere un bicchiere di acqua al volo Vito si gira verso di me e mi dice “la gara inizia adesso!”.
Sentivo una gran grinta addosso, ho preso di petto la parte più difficile della gara, determinata a concluderla con un risultato che avrebbe sorpreso tutti, in primis me stessa.
Dal 34° km ho abbandonato il passo medio di 5’05”/5’00” e ho lasciato che le gambe girassero sotto i 5’00”.
Vito mi invitava a non esagerare, mi ha consigliato di rallentare un po’ perché avrei rischiato di scoppiare prima di tagliare il traguardo. Ho cercato di ascoltarlo, ma arrivati a quel punto della gara “o la va o la spacca” mi son detta, era arrivato il momento di sparare le ultime cartucce. Non volevo arrivare alla fine e rendermi conto che avrei potuto fare di più, dovevo dare tutto.
Al 40° km io e Vito ci siamo separati e ho iniziato la mia volata solitaria verso l’arrivo. Per 2 km 195m dovevo stringere i denti e dare sfogo a tutte le energie che mi erano rimaste in corpo. Il respiro si è fatto sempre più affannato e i battiti del cuore aumentavano rapidamente. I sottopassaggi e i ponti in questo punto della gara non sono stati d’aiuto. Alla vista di alcuni fotografi ho cercato di trasformare la smorfia di fatica in un accenno di sorriso perché si sa, nelle foto si vuole venire bene.
Passato il cartello del 41° km ho guardato il mio gps, era arrivato decisamente il momento di fare una proiezione del tempo finale: avrei potuto chiudere in 3:30. Però dovevo crederci fino in fondo e non mollare. Ho cercato di accelerare ancora di più per stare nel tempo che ormai mi ero messa in testa. Ho visto in lontananza il cartello dei 42 km, le transenne con dietro le persone a fare il tifo. Ho dato uno sguardo al gps e ho visto scattare il trentesimo minuto della terza ora di corsa in quel preciso istante. Mi sono fatta strada tra i runner prossimi a tagliare il traguardo nella mia corsa contro il tempo. Ho fatto la curva finale che mi ha portato in piazza del Duomo e ho scorto finalmente il traguardo. Ho sentito gridare “FORZA SARA, DAI CHE SEI ARRIVATA!”.
Tagliato il traguardo, ho rallentato e appoggiato le mani alle ginocchia piegandomi in avanti. Ho fatto un respiro profondissimo per riprendere fiato e ho chiuso gli occhi. Poi ho guardato il mio gps: 3:30:58. Ce l’avevo fatta!
Mi sono messa le mani tra i capelli e ho iniziato a ridere per la felicità. Quando ho incrociato lo sguardo della ragazza pronta a mettermi la medaglia al collo mi sono avvicinata a lei e l’ho lasciata fare. Mi ha fatto i suoi complimenti e mi ha abbracciato fortissimo, come se fosse una mia amica, dicendomi che ero stata bravissima. Avevo proprio bisogno di sentirmelo dire.
Pochi minuti dopo ho sentito qualcuno che mi ha chiamato toccandomi la spalla, mi giro ed… era Vito! Ci siamo abbracciati e ringraziati a vicenda, lui mi ha detto che senza di me non sarebbe mai riuscito a concludere la maratona con quel risultato, e lo stesso valeva per me.
E chi l’avrebbe mai detto che sarei riuscita a correre 42.195 m in 3 ore e 30 minuti! Alcuni avevano scommesso che avrei realizzato un crono di 3:35, che sulla carta mi sembrava un risultato difficilissimo da raggiungere. Invece ho fatto anche meglio. Mi sono davvero superata. Dove ho trovato la forza? Dalla mia determinazione. Forse mi ero sottovalutata ed ero al tempo stesso stata sottovalutata. La soddisfazione che ne è derivata è stata ancora più grande.
Era il finale che speravo avesse il mio 2018 di corsa, non potevo chiedere di più. Ora mi godrò gli ultimi giorni dell’anno, e con il pensiero sarò già proiettata al 2019, che si prospetta un anno molto impegnativo, che mi vedrà coinvolta in qualcosa di nuovo, sempre legato al mondo del running, di cui vi parlerò molto presto!