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Tre amici e una sfida: Monza Resegone 2018

Non ho mai corso due volte la stessa gara, perché mi piace cambiare e confrontarmi con luoghi ancora inesplorati, in cerca di nuove emozioni. Voglio riservare un discorso a parte alla Monza Resegone, una gara che mi è entrata nel cuore. Vi ho partecipato per la prima volta l’anno scorso e, nonostante mi fossi riproposta che sarebbe stata la prima e unica volta, quest’anno ho deciso di parteciparvi nuovamente, alla ricerca di quelle stesse emozioni che mi avevano travolto quel 17 giugno del 2017.

Anche detta MoRe, la Monza Resegone è una competizione che si corre in terne: femminili, miste o maschili. Il percorso prevede 42 km da correre dal centro della città di Monza fino alla Capanna Alpinisti Monzesi, situata a 1173 m sul monte Resegone. Da Monza alla località di Caloziocorte la strada da percorrere è dritta e con un leggero dislivello positivo. Da Caloziocorte inizia la vera salita: si passa da un’altitudine di 237m a 580m del paesino di Erve, in cui è situato il controllo orario che le squadre devono superare entro un massimo di 4 ore e 15 minuti dalla partenza, fino ad arrivare a 1173 m della Capanna dove si trova l’arrivo. Un altro aspetto caratteristico è l’orario di partenza: le prime terne partono alle 21 e a seguire tutte le altre, a una distanza di 15/20 secondi.

Da sinistra Ale, Stefano, io ed Angelo, che ci prendiamo poco sul serio prima della partenza

I miei compagni di squadra quest’anno sono stati Angelo, con cui ho corso anche la precedente edizione, e Alessandro, veterano della Monza Resegone e con alle spalle anche una 100 km del Passatore. Come supporto durante il percorso abbiamo avuto Stefano, che ha attrezzato la bici con borracce piene d’acqua, sali e vi ha caricato le nostre sacche contenenti i cambi e le torce frontali che ci sarebbero servite prima dell’inizio del tratto in salita, ormai a notte inoltrata.

Sabato 23 giugno ci siamo trovati alle 19 all’Arengario di Monza, luogo di ritiro dei pettorali e punto di partenza della gara. Camminare nella via che a distanza di poche ore avrei attraversato correndo in mezzo agli applausi e le grida di incitamento degli spettatori e degli amici, segnando l’inizio di una nuova avventura, mi ha fatto venire la pelle d’oca ed è salita la tensione, che è stata stemperata da qualche battuta di Ale su una sua improbabile cena pre-gara a base di cozze. Ridere tutti insieme ci ha fatto bene, è stato un modo come un altro per entrare in sintonia ancor prima di iniziare a correre.

Dopo aver ascoltato gli ultimi suggerimenti di Matteo, il mio coach nonché preparatore di tutta la mia squadra, ci siamo posizionati dietro le quinte, in coda in mezzo alle altre terne aspettando che lo speaker chiamasse il nostro numero per salire sul palco. Negli attimi che precedono il nostro ingresso faccio un ultimo controllo: i lacci delle scarpe sono ben stretti, il marsupio è carico di carbogel, la cintura con il pettorale è ben fissata. Scorgo una telecamera che ci sta riprendendo e saluto. Poi mi giro verso i miei compagni in cerca di uno sguardo di intesa e con una vigorosa stretta di mano ci diamo l’in bocca al lupo.

Adrenalina alle stelle e cuore che batte all’impazzata in quei pochi secondi prima di partire

 

I nostri nomi vengono scanditi al microfono “…la numero 53 da Vimercate, un’altra squadra dell’A.S.D. De Ran Clab…” è il nostro momento. Eccoci sul palco, di tutto punto vestiti nelle nostre strepitose divise Joma sponsorizzateci e forniteci da Mister Running.

Pronti?” dice lo speaker “3,2,1… via… su fino in cima!”.

 

 

 

Muovendo i primi passi iniziamo a correre, travolti dalle emozioni scatenate dal vedere così tante persone al di là delle transenne che ci incitavano e allungavano le mani per darci un cinque. La mia seconda Monza Resegone è ufficialmente iniziata.

Concordi nel non voler strafare nella prima parte della gara per non arrivare a corto di energie nel momento più difficile sul finale, fin dai primi km abbiamo mantenuto un ritmo “comodo”, che ci consentisse di parlare senza affanno.

Avevo un sacco di adrenalina in corpo, non riuscivo a smettere di sorridere né sono riuscita a trattenermi dal cantare qualche strofa della canzone Nessun rimpianto di Max Pezzali quando ne ho sentito le note al confine tra Villasanta e Arcore, probabilmente in occasione di qualche festa di paese.

Mi sono sentita “rimproverare” più di una volta dai miei compagni perché cercavo di alzare il ritmo. Era difficile frenarmi perché mi sentivo esplodere di energia: i km passavano e non sentivo la fatica. Credo non mi fosse quasi mai successa una cosa del genere. A caricarmi ulteriormente il tifo della gente accorsa per le strade di Usmate, Osnago, Cernusco, per citare alcuni comuni. Riconoscere volti noti, battere il cinque ai bambini, salutare e applaudire insieme a tutte quelle persone lì per noi è stato un booster migliore di qualsiasi carbogel presente sul mercato.

La fiducia riposta verso Ale ed Angelo è tanta, quindi nonostante la testa mi dicesse di “volare” ho tirato il freno a mano e ho lasciato loro in testa alla fila indiana in cui stavamo procedendo, in modo tale che dettassero il passo giusto.

In corrispondenza di Olginate avevamo previsto il primo “cambio d’abito”: ci siamo tolti le canottiere per indossare le magliette a maniche corte, il secondo capo che rientrava nella divisa fornitaci da Mister Running. Tutti e tre eravamo coscienti che la vera gara sarebbe iniziata dai metri successivi.

Sul ponte di Erve, prima dell’ultimo sforzo

Cominciavo a sentire la fatica, le gambe erano meno leggere e la zona lombare e dell’inguine iniziavano a darmi un po’ fastidio. Più la strada si faceva ripida più la mia determinazione cresceva e trovavo nuovo vigore per proseguire. Insieme ai miei compagni, facendo un vero gioco di squadra ci siamo supportati lungo i bui tornanti, illuminati solo dalle nostre torce frontali, che da Caloziocorte ci hanno condotti fino a Erve. Passato il controllo orario e approfittato dell’ultimo ristoro prima dell’arrivo, abbiamo fatto un’ultima tappa per indossare una maglia termica sotto le nostre maglie Joma perché la temperatura era ulteriormente scesa. In prossimità del noto ponticello di Erve abbiamo salutato il nostro angelo custode Stefano, da adesso in avanti avremmo proseguito in autonomia lungo i sentieri verso la Capanna.

Nessuno ti dice che negli ultimi km la Monza Resegone si trasforma da classico percorso su asfalto a un’arrampicata lungo sentieri rocciosi. Ma è proprio questo ultimo tratto che la rende così suggestiva: correre nel pieno della notte, su sentieri di montagna dove la luce della luna stenta ad arrivare e il sentiero è illuminato solo dalle torce dei partecipanti e da quelle dei volontari del soccorso alpino. Procediamo a rilento con le ultime forze che ci restano in corpo, verso un traguardo che sembra non arrivare mai. Ogni passo mi costa molta fatica tanto che cerco di usare la forza delle braccia per arrampicarmi sulle rocce. Regna il silenzio, si sentono solo i nostri respiri di affanno. Ognuno procede per conto proprio controllando con la coda dell’occhio i compagni. Non voglio esser loro di peso, non voglio che si preoccupino per me. Ad un tratto abbiamo sentito delle voci e visto delle luci in lontananza mentre incontravamo persone provenienti dal senso opposto. Abbiamo capito che la Capanna era finalmente vicina. Non stavamo avendo delle allucinazioni e le persone che incrociavamo erano i runner che erano arrivati per primi e stavano già scendendo.

Con le ultime forze in corpo, prendendoci per mano tutti e tre, abbiamo raggiunto lo striscione con la scritta “ARRIVO” e lì ci siamo avvolti in un grande abbraccio. Ce l’avevamo fatta, circa alle 2 di notte avevamo raggiunto la Capanna, eravamo finisher della 58° Monza Resegone con un tempo di in 4 ore e 51 minuti, migliorando di quasi 20 minuti dall’anno precedente. Mi sono seduta su una panca e ho pensato al traguardo raggiunto, fiera di me e dei miei compagni di squadra.

L’arrivo alla Capanna Alpinisti Monzesi

Coperti con kway e pantaloni lunghi, dopo aver bevuto e mangiato qualcosa, ci siamo rincamminati lungo il sentiero, perché il regolamento prevede che i partecipanti ripercorrano in discesa il sentiero che li ha condotti fino la Capanna. La fine sembrava non arrivare mai, meno male che gli alpini circa a metà cammino hanno previsto un piccolo ristoro con caffè e biscotti, da tutti molto graditi. E tra una chiacchiera e l’altra siamo giunti dapprima a Erve e poi alla macchina pronti per rientrare a casa. Sono rientrata alle 6 del mattino, indolenzita ma felice. Guardandomi allo specchio mentre scioglievo la treccia in cui avevo raccolto i miei capelli ho ripercorso la gara con la mente e mi sono resa conto che era già finita.

Ho avuto la conferma che rispetto all’anno scorso, avendo affrontato la competizione con maggiore esperienza, sono diventata più forte e consapevole delle mie possibilità. Ogni gara rappresenta una vetta da raggiungere, e per quanti ostacoli possa trovare sulla strada, la mia determinazione e la mia tenacia mi condurranno in cima/fino in fondo. Le gare di endurance costringono al confronto con sé stessi nei momenti in cui si può contare solo sulle proprie forze, fisiche e mentali. È questo ciò che ti cambia e ti rende diverso da come sei partito.

Tuttavia non riesco ad accontentarmi, nulla è mai abbastanza e pretendo sempre di più da me stessa, alzando l’asticella della sfida. Sento la necessità di trovare sempre nuovi stimoli per continuare a crescere, come atleta e come persona.

L’importante non è la meta ma il viaggio” ed io il viaggio di questa Monza Resegone lo porterò sempre con me.

Alle premiazioni, venerdì 29 giugno al Pala Candy a Monza, 90° squadra all’arrivo
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Correre è la risposta
Run for the Oceans con Adidas e Parley

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